Scomparso dai mezzi di informazione e quasi assente nel dibattio politico, il presidio dei migranti di Ventimiglia rimane al suo posto. Nei giorni passati ha vissuto ripetute minacce di sgombero e due giorni fa l’ordinanza del sindaco Ioculano che vieta alle realtà autorganizzate di provvedere al pasto dei presidianti. Unica autorizzata: la Croce Rossa. che però, rivela Eat the Rich da Ventimiglia, ha già provocato alcuni casi di diarrea. La testimonianza della rete di mense popolari dal confine italo-francese.
Ventimiglia, “Una città militarizzata nel tentativo di evitare che i migranti che sono alla stazione riescano a raggiungere il presidio in frontiera. Questo perchè si è capito che quel presidio è una spina nel fianco”. Il presidio di migranti, arroccati sulla scogliera, incastrato al confine tra due grandi Paesi di un civilissimo continente, scomparso dal dibattito pubblico e politico, dimenticato dai mezzi di informazione, non dà segni di resa.
Nonostante i tentativi della polizia italiana di “Togliere pressione e controllo sulla frontiera per invogliare i migranti a passare dall’altro lato”, ci racconta ‘Andra Zappa’ (pseudonimo utiliazzato dagli attivisti della Rete Eat the Rich), i migranti di Ventimiglia hanno deciso di “Comportarsi come una sola persona. Hanno fatto lo scarto interiore, hanno detto: proviamo a passare, ma facciamolo insieme. Questo pone delle questioni politiche“. A proposito di politica, da Eat the Rich rivelano come, nei giorni passati, “Alfano ha dichiarato che quel presidio non è assolutamente sotto sgombero”, negando di fatto quanto veniva detto a migranti e solidali dalla polizia. “Noi cerchiamo oramai di non dipendere da fonti d’informazione esterne – dicono dal presidio – Sappiamo benissimo che quel luogo può continuare a vivere e può evitare di essere sgomberato finchè continuerà ad essere attraversato e sarà tenuto in vita con l’autogestione di ‘europei e africani’, come ci siamo definiti.
I numeri dei migranti in presidio che, detti così, potrebbe sembrare esiguo, insignificante: “Ad oggi sono circa 30, 35 migranti”, spiegano. Il punto, però, è un altro: “Stiamo riattivando canali di comunicazione con la stazione di Ventimiglia. In questo fine settimana ci aspettiamo una grossa crescita dei numeri, di attivisti e di migranti provenienti dalla stazione. In tutto questo bisogna fare i conti con l’oste, cioè la polizia”.
La cronaca che giunge da Ventimiglia parla di una città spaccata in due, tra i migranti in presidio sugli scogli e quelli bloccati, di fatto, alla stazione, dove “Ci sono una serie di trafficanti di migranti, che contrattano sul prezzo alla luce del sole, la polizia lascia passare tutto questo, ma applica scientificamente un controllo di tutte le strade che portano al presidio”.
Intanto, al momento, alle minacce di sgombero non sono seguiti i fatti. Due giorni fa, però, il sindaco Ioculano ha emmesso un’ordinanza con cui si vieta di corrispondere ‘cibo non certificato’ ai migranti in presidio. Le motivazioni, è stato comunicato, sono dovute all’esigenza di assicurare pasti in buone condizioni igieniche. Il divieto però, più che riguardare ‘cibo non certificato’, si riferisce a soggetti “non certificati”, ovvero reti, associazioni e gruppi di solidali. Come Eat the Rich, che ricorda: “Le uniche intossicazioni sono avvenute quando sono stati distribuiti i pasti dalla Croce Rossa”. La Rete ha infatti dato notizia, tramite i social network, di alcuni casi di diarrea causati dai pasti corrisposti proprio dalla Croce Rossa. L’ordinanza del sindaco sarebbe dunque “Un’ulteriore mossa verso lo sgombero del presidio”.
“Noi, proprio noi che abbiamo vissuto quel presidio quotidianamente, quindi non il sindaco, non la Croce Rossa, non la polizia italiana, noi abbiamo provveduto a costruire, da soli, due docce e due gabinetti. Noi abbiamo provveduto a portare un frigorifero che permette di conservare gli alimenti, noi ci curiamo ogni giorno di fare un inventario del cibo che abbiamo – rivendicano ancora dalla rete di mense popolari – Il pasto che serviamo ai migranti è lo stesso che mangiamo noi. Bisogna che le istituzioni si guardino un po’ allo specchio. Se la vogliono buttare in termini sanitari, igienici o umanitari, che guardino a quello che hanno fatto loro, ovvero ben poco“.