Le associazioni studentesche, Udu in testa, stanno protestando e promuovendo ricorsi contro i test di ingresso per le Facoltà a numero chiuso. A Medicina 60mila aspiranti per 9mila posti. Una “lotteria” che viola il diritto e la libertà di studio. E che alimenta un business.
L’esempio più lampante è quello delle Facoltà di Medicina, dove in questi giorni 60mila aspiranti studenti stanno svolgendo i test di ingresso per soli 9mila posti a disposizione. Un sistema, quello dei numeri chiusi, che rappresenta anche un business, sia per gli Atenei (si parla di 3milioni di euro guadagnati dalle quote di iscrizione) che per le realtà, private o pubbliche, che preparano alle prove di ingresso dietro un compenso.
A protestare contro la logica del “numero chiuso”, in questi giorni, sono le associazioni studentesche, Udu in testa, che hanno dato vita a sit-in e flash mob per contestare, sia per principio che nel merito, il modello di sbarramento ad alcune Facoltà delle Università italiane.
“Le persone devono poter scegliere liberamente cosa studiare – osserva ai nostri microfoni Paolo Cornetti, rappresentante Udu alla Sapienza di Roma – perché è anche la passione per quello che studi che ti porta a fare la tua professione in maniera brillante”.
Una questione di principio che attiene il diritto allo studio, sancito dalla Costituzione italiana, ma anche una questione molto pratica che riguarda le domande dei test di ingresso. “Agli aspiranti studenti vengono chieste cose che studieranno negli anni successivi e non ha senso, anche per il fatto che la preparazione di base varia a seconda del percorso di studi intrapreso fino a quel momento”, sottolinea Cornetti.
Contro la “lotteria” dei test di ingresso, che costringono le persone a riprovare l’anno successivo qualora non siano state ammesse, l’Udu promuove anche ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. “Solo l’anno scorso sono state più di 5mila le persone ammesse con riserva dopo un ricorso – racconta il rappresentante degli studenti – e per esperienza personale posso dire che molti sostengono esami in modo proficuo, con una media di voti alta, a dimostrazione che la selezione all’ingresso è assolutamente inutile ed inefficace”.
I test di ingresso, specialmente per Medicina, spesso vengono motivati dalla necessità di rispondere al fabbisogno reale di medici nel nostro Paese e di non sfornare molti più dottori di quelli necessari.
Una logica che l’Udu rigetta. “Non possiamo considerare l’Università come un ufficio di collocamento – spiega Cornetti – ma il luogo dei saperi. Oggi cercano di inculcarci che sia il lavoro che lo studio siano cose che occorre meritarsi, ma in realtà sono diritti”.