Seda Aktepe, giovane attivista turca, fugge dalla repressione del suo paese per raggiungere la Svizzera, dove trova ospitalità come rifugiata politica. Poi viene in Italia per una breve vacanza. Qui i carabinieri, applicando con solerzia il mandato dell’Interpol, la spediscono in cella di isolamento…
Lo sappiamo perché la cella di isolamento è a Pisa. E a Pisa, fuori dal carcere Don Bosco, la sta aspettando il suo ragazzo, in viaggio con lei, che nel frattempo non ha perso tempo. Lo svizzero Robin Niederhauser, 23 anni, ha incontrato i ragazzi di eXploit (aula occupata nell’università di Pisa dal Tijuana project e dal collettivo Eigenlab) che si sono fatti portavoce della questione, rompendo così il silenzio dei media ufficiali.
“Martedì 30 aprile 2013 Seda è stata arrestata in un ostello a Castiglioncello (Livorno). Le mancava un documento, che le era stato rilasciato in Svizzera in quanto rifugiata politica”. Si apre così il comunicato di eXploit, a cui segue la conferenza stampa di domenica scorsa. In tal modo si è fatta chiarezza sulla vicenda personale di Seda, chiedendone il rilascio immediato e lo status di rifugiata in Italia.
Ora rischia l’estradizione in Turchia dove è perseguitata per un reato di associazione sovversiva. La sola colpa di Seda è quella di avere preso parte alla manifestazione del 7 dicembre 2004 contro una legge che ha inasprito le condizioni carcerarie, violando i diritti umani e civili dei detenuti. Lei era lì in qualità di reporter di movimento e per questo messa in custodia insieme ad altre 45 persone. Durante il processo è stata accusata di collaborazione esterna al Mlkp, il Partito Marxista Leninista Turco, messo poi fuori legge nel 2007. Ha già scontato 8 mesi di carcere preventivo prima di giungere al giudizio. Nel 2009, insieme ad altre 26 persone, è stata accusata di aver aiutato l’MLKP pur non facendone parte e per questo condannata a 6 anni e 3 mesi di galera. La corte suprema turca ha convalidato questa sentenza, confermando la strategia di eliminazione del dissenso.
La ragazza è riuscita però a sottrarsi alla repressione nel suo paese, riparando in Svizzera, dove lo scorso 13 gennaio ha presentato domanda di asilo politico, che le è stato concesso circa un mese dopo. Forse pensava di godere degli stessi diritti di rifugiata in Italia, come in Svizzera, perciò ha intrapreso una breve gita sul litorale toscano. E, incredibilmente, è stata arrestata, messa in isolamento, senza contatti con parenti o amici.
Gli avvocati della difesa hanno ufficializzato la richiesta di asilo politico in Italia e nei prossimi giorni dovrebbe arrivare il pronunciamento della Corte sulle misure cautelari. Intanto si moltiplicano le adesioni all’appello di eXploit e i Sindacati Svizzeri stanno inviando richieste per la scarcerazione immediata di Seda al Consolato e all’Ambasciata d’Italia in Svizzera. Anche se l’Ufm, l’ufficio federale svizzero della migrazione, afferma: “il nostro Paese dispone di possibilità d’azione estremamente limitate nel caso in cui lei, nel corso della sua permanenza all’estero, fosse sottoposta a misure giudiziarie nell’ambito di un procedimento penale o di estradizione”.
Nessun esito è dato per certo. Per questo il suo compagno non si rassegna, continuando a chiedere solidarietà. Dichiara: “i mandati di cattura dell’Interpol impediscono ai rifugiati politici di muoversi liberamente, in questo modo si realizza una persecuzione ben oltre i confini turchi. Spero che l’Italia, come la Svizzera, sostenga la battaglia di Seda e faccia rispettare i diritti umani assicurandole protezione contro la persecuzione politica che sta subendo”.
Speriamo? Meglio esigiamo.
Luca Ferrero