I sindacati denunciano che la riorganizzazione dei consorzi penalizza solo i lavoratori, mentre mantiene un alto numero di dirigenti ben stipendiati.
Questa mattina l’ Attivo dei delegati di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Filbi-Uil dei Consorzi di Bonifica dell’Emilia-Romagna ha analizzato la situazione a due anni dal delicato processo di riorganizzazione per la convergenza delle procedure, degli apparati tecnologici e del personale. Nel dicembre del 2010 si sono svolte le elezioni degli organi amministrativi, a seguito della riforma elettorale volta a incrementare un maggiore livello di democrazia, assicurando la possibilità a tutte le categorie interessate, di partecipare. In seguito i Consorzi di Bonifica in Emilia-Romagna sono stati ridotti da sedici ad otto per risparmiare le risorse finanziarie della Regione.
Secondo i sindacati il bilancio che ne è uscito è alquanto negativo a livello gestionale. Colpevoli le nuove organizzazioni Amministrative, che rivolgono tutte le tipologie di risparmio sui lavoratori, mentre c’è un aumento dei tanti privilegi legati ai dirigenti e uno spreco di risorse in modo poco trasparente.
Ad oltre 13 mesi dalla scadenza del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro dello SNEBI (Sindacato Nazionale Enti di Bonifica, Irrigazione), i lavoratori si vedono negare il diritto ad un rinnovo dignitoso sul piano salariale, il 6% da elargire triennalmente, a salvaguardia del potere d’acquisto. Sostanzialmente si parla di 100 euro da distribuire lungo i 3 anni.
A seguito di questa chiusura da parte dello Snebi e dei Consorzi di Bonifica, i lavoratori hanno scioperato il 31 luglio e lo scorso 6 novembre ed oggi avviano il 4° ciclo di astensione collettiva dalle prestazioni straordinarie, che avrà la durata di nove giorni. Le ragioni addotte dalla controparte per negare il rinnovo del contratto di lavoro, secondo i delegati dell’Attivo, sono degli evidenti pretesti per mascherare la volontà dei nuovi amministartori consortili di perseguire un’azione politica tale da imprimere un arretramento delle condizioni contrattuali, senza giustificazioni oggettive.
La richiesta dell’Attivo regionale sottolinea la necessità di un nuovo accordo di regolamentazione che escluda l’irrigazione dai servizi definiti essenziali, perchè normale pratica colturale e la sua interruzione a causa di possibili agitazioni sindacali, dal momento che non lede nessun diritto costituzionalmente garantito. Inoltre la volontà di razionalizzare la gestione (e quindi di contenere i costi) si è concentrata esclusivamente sulle spese del personale, nel contenimento del lavoro stagionale e sugli impianti che avrebbero bisogno di manutenzione, si è quindi tagliata dove era più facile e non dove era più opportuno.
Hanno inoltre denunciato che a fronte del contenimento dei costi da un lato, si assiste a generose erogazioni verso le dirigenze con sprechi e spese caratterizzate da scarsa motivazione e poca trasparenza. L’Attivo ha chiesto alla regione Emilia-Romagna di attivare maggiore controllo e di aprire un tavolo di confronto con lo SNEBI.
Elisa Iacobucci