La Commissione Libertà Civili del Parlamento Ue ha approvato la riforma al Regolamento di Dublino, che costringeva i Paesi di primo arrivo a farsi carico di tutti i richiedenti asilo. I nuovi meccanismi prevedono un ricollocamento automatico e maggiore solidarietà. Ora la palla passa al Consiglio, dove gli Stati saranno costretti a dimostrare se sono solidali e accoglienti o xenofobi e nazionalisti. L’intervista alla relatrice, l’eurodeputata Elly Schlein.

Nonostante lunghi mesi di lavoro, la partita è in realtà appena cominciata. La riforma del Regolamento di Dublino in materia di asilo, approvata lo scorso 19 ottobre, ha visto l’appoggio trasversale di tanti gruppi europei, dai liberali ai verdi, dai socialisti ai popolari. Un lavoro durato più di un anno e mezzo, ma che ora necessità dell’approvazione del Consiglio dell’Unione, cioè dei capi di Stato e di Governo dei paesi dell’Unione. Che sul tema appaiono molto divisi.

Il Regolamento di Dublino, in questi anni, ha provocato numerose storture e conseguenti tensioni nel sistema comune di asilo per profughi e migranti. Al punto che appena sei Paesi dell’Ue su ventotto, quelli periferici e costieri, come l’Italia e la Grecia, hanno affrontato da soli l’80% delle richieste d’asilo presentate nel continente.
La ragione risiede in un punto del regolamento stesso, secondo cui i richiedenti asilo erano obbligati a presentare la domanda e soggiornare in attesa di risposta nel primo Paese di arrivo.

LE PRINCIPALI MODIFICHE CONTENUTE NELLA RIFORMA
Le novità più importanti contenute nella riforma approvata giovedì scorso riguardano proprio la cancellazione del vincolo di primo arrivo e l’introduzione di un sistema di ricollocamento dei richiedenti asilo automatico, permanente e solidale tra i vari Stati europei.
Il sistema di relocations su base volontaria, proposto dalla Commissione ormai due anni fa, del resto, non ha mai funzionato. Ora, invece, sarà obbligatorio, pena un taglio ai fondi strutturali ricevuti dagli Stati membri.

“Ci sono anche altre novità – spiega ai nostri microfoni l’eurodeputata Elly Schlein, una delle relatrici della riforma – come ad esempio la possibilità dei richiedenti asilo di scegliere di essere ricollocati in uno dei quattro Paesi più lontani dal raggiungere la quota in quel momento o la procedura accelerata di ricongiungimento familiare, o ancora il rafforzamento delle garanzie procedurali e degli obblighi di informativa per tutti i richiedenti e salvaguardie specifiche per i minori non accompagnati, che sono la categoria più a rischio”.
Responsabilità, equità e solidarietà, dunque, sembrano essere le parole chiave che hanno guidato la modifica del testo.

LO SCOGLIO DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE
Se il lavoro del Parlamento europeo è stato lungo e faticoso (più di mille emendamenti e ventidue sedute), lo scoglio maggiore ora è rappresentato dal Consiglio dell’Unione, dove siedono i capi di Stato e di Governo che appaiono ben più divisi rispetto agli eurodeputati.
“Sarà un braccio di ferro molto duro – osserva Schlein – le posizioni di partenza sono lontane anni luce, perché il Consiglio, in questo momento, è più concentrato sull’esternalizzazione di frontiere e responsabilità, come abbiamo visto con gli accordi con Turchia e Libia”.

In particolare, il “Gruppo di Visegrad”, costituito da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, è già dichiaratamente contrario ad una modifica del regolamento e vorrebbe che tutto restasse così com’è.
Ci sono anche altri Paesi meno chiassosi – mette in guardia l’eurodeputata – che si mostrano amici di Italia e Grecia, ma in realtà vorrebbero che la responsabilità dell’accoglienza restasse a loro”.
Come abbiamo visto, in sede di Consiglio dell’Unione spesso prevalgono gli egoismi nazionali, se non addirittura i nazionalismi e le xenofobie.

La riforma appena approvata, dunque, rappresenta un’ottima occasione per veder calare la maschera a chi afferma di essere europeista e solidale, ma solo a parole.
“In realtà i criteri della solidarietà e della responsabilità europee sono già contenuti nel regolamento di Dublino – ricorda Schlein – Tutti gli Stati membri hanno assunto degli obblighi e non possono volere solo i benefici di far parte dell’Unione, ma bisogna condividere anche le responsabilità”.

GLI ACCORDI CRIMINALI E LA TENUTA EUROPEA
La riforma del regolamento di Dublino potrebbe rappresentare anche un elemento che porta ad un cambio delle politiche europee, fatta di muri e accordi con Paesi dittatoriali, in materia di immigrazione? I sostenitori della riforma affermano di aver voluto dare un segnale sia al Consiglio che ai cittadini europei: almeno una delle tre istituzioni si prende carico di questa questione, che chiama ad una responsabilità di tutti gli Stati membri e ad una soluzione comune, che è la sola in grado di affrontare seriamente il fenomeno.

Il processo seguito sin qui, del resto, è contraddistinto da una forte volontà di condivisione e di unione. Procedere in modi più radicali, ad esempio con il ritiro della firma dal regolamento di Dublino da parte di Paesi che in questi anni hanno sopportato il peso maggiore – al pari delle minacce di ritirarsi dal Trattato di Schengen di alcuni Stati come l’Austria – secondo l’eurodeputata di Possibile avrebbe messo a rischio la tenuta stessa del progetto europeo.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ELLY SCHLEIN: