Terminata l’esperienza nello spazio di via Marzabotto 2, la casa del popolo 20 Pietre si presenta in modalità “diffusa” nei locali messi a disposizione dalle realtà che ha ospitato. Ma cerca una casa più grande dove, attraverso l’utilizzo temporaneo e il mutualismo, creare comunità.

È un bilancio che induce gli attivisti ad immaginarne un modello quello di 20 Pietre, la casa del popolo nata nell’ex sede Aci di via Marzabotto 2, che ora abbandona la struttura perché è finito l’accordo con la proprietà.
In pochi anni di permanenza grazie ad un patto per l’utilizzo temporaneo dei quasi duemila metri quadrati di struttura, tra edificio e piazzale esterno, lo spazio è diventato il punto di riferimento per una cinquantina di realtà associative, ma anche per molti abitanti del quartiere, che vi hanno trovato una risposta ai loro bisogni.

Ora che lo spazio fisico è venuto meno, 20 Pietre si sente una realtà “diffusa“, perché le attività proseguiranno sotto diversa forme in locali più piccoli, messi a disposizione dalle realtà con cui ha costruito relazioni in questi anni.
L’obiettivo rimane, però, quello di trovare una nuova e adeguata sede dove creare comunità attraverso i due pilastri che si sono sviluppati in via Marzabotto: l’utilizzo temporaneo degli spazi e il mutualismo.

“Tra le tante iniziative che si sono svolte a 20 Pietre – racconta il presidente Alberto Razzi – ricordiamo il progetto di educazione alimentare, svolto in collaborazione con Campi Aperti e rivolto ai bambini delle elementari. Oppure un corso di italiano per donne straniere, che ci ha consentito di entrare in relazione con la comunità bengalese attraverso una festa conclusiva”.
Solo due esempi dell’incessante lavoro di costruzione di comunità, che 20 Pietre vuole continuare a praticare.

Dal fronte istituzionale è arrivato anche qualche segnale di attenzione. Gli attivisti di 20 Pietre hanno infatti avuto modo di confrontarsi con Lorenzo Cipriani, presidente del Quartiere Porto-Saragozza, che ha offerto di farsi da garante presso i privati per un eventuale nuova sede nello stesso quartiere.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALBERTO RAZZI: