A un mese dallo sciopero globale dell’8 marzo è pronta la piattaforma politica di #NonUnaDiMeno. Ma se i sindacati di base hanno già proclamato lo sciopero generale, i sindacati confederati non sembrano intenzionati a farlo. “Dispiace che la Cgil non si renda conto del livello di mobilitazione che c’è”, commenta Beatrice Busi. La replica:” Su quegli 8 punti la Cgil ha delle elaborazioni di anni, e non sono esattamente corrispondenti.”
Manca un mese esatto allo sciopero globale delle donne dell’8 marzo, e la piattaforma politica di Non una di meno, elaborata nel corso dell’assemblea nazionale che si è tenuta questo week-end, è appena stata resa nota. Ma continuano a restare tesi i rapposti con la Cgil, che pur avendo preso parte alla manifestazione del 26 novembre sembra intenzionata a non proclamare lo sciopero generale. “Dispiace che la Cgil – commenta Beatrice Busi – non si renda conto del livello di mobilitazione che c’è, anche all’interno della propria organizzazione a livello di base”
“Abbiamo visto l’appello di Non una di meno” ha commentato Antonella Raspadori, Responsabile Politiche di genere, pari opportunità e libertà femminili della Segreteria CGIL ER. “La risposta sta nella lettera del 3 febbraio, dove si dice che faremo assemblee nei luoghi di lavoro e laddove ve ne siano le condizioni sosterremo e garantiremo la possibilità di effettuare lo sciopero. Questo significa che non lo proclameremo sicuramente a livello regionale, e penso che neanche a livello nazionale ci siano le condizioni“.
Ma per Non una di meno, la cui piattaforma politica si apre con l’appello “Non un’ora di meno di sciopero!”, qualche assemblea non basta. “In questo momento – spiega Busi – c’è una grossa discussione rispetto alla posizione della Cgil, che chiama le aderenti alla propria organizzazione a fare delle assemblee, mentre noi lavoreremo affinché lo sciopero sia effettivo”.
Una delle ragioni per cui la Cgil non indirà lo sciopero secondo Raspadori è la mancanza di tempo, poichè indire uno sciopero generale “per noi comporta un lavoro di mesi. Siamo un’organizzazione molto complessa che ha dei percorsi democratici al suo interno.” Ma non è solo la logistica ad incidere sulle scelte del sindacato: “C’è una piattaforma con 8 punti. Su questo voglio essere franca – sottolinea la sindacalista – su quegli 8 punti la Cgil ha delle elaborazioni di anni, che non sono esattamente corrispondenti. Per esempio sulla parte del lavoro noi abbiamo presentato il nuovo statuto dei lavoratori e la nuova carta dei diritti, quindi diventa per noi molto complicato aderire a un documento che per quanto importante è diverso dalla nostra elaborazione”.
Nonostante lo scarso appoggio trovato nella Cgil, il movimento di Non una di meno si avvicina allo sciopero con crescente entusiasmo, supportato dal successo della manifestazione del 26 novembre e dell’assemblea nazionale dello scorso weekend. “Come abbiamo detto in conclusione della plenaria di domenica – dichiara Busi – siamo una marea che aspira a diventare oceano, e nessuno scoglio ci fermerà. Da ogni tavolo sono uscite indicazioni su come declinare lo sciopero femminista che sicuramente troverà delle proprie articolazioni all’altezza della sfida che vuole porre alla società e quindi anche alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni“.
E proprio dagli 8 tavoli di lavoro che hanno animato l’assemblea nazionale, sono emersi anche gli 8 punti seguenti, diffusi oggi dall’ufficio stampa di Non una di meno.
Scioperiamo perché:
La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne
Scioperiamo contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali. I centri sono e devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne, luoghi femministi che attivano processi di trasformazione culturale per modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Rifiutiamo il cosiddetto Codice Rosa nella sua applicazione istituzionale e ogni intervento di tipo repressivo ed emergenziale. Pretendiamo che nell’elaborazione di ogni iniziativa di contrasto alla violenza vengano coinvolti attivamente i centri antiviolenza.
Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne
Scioperiamo perché vogliamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza maschile sulle donne, da quella economica alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro a quella perpetrata sul web e sui social media. Pretendiamo misure di protezione immediate per le donne che denunciano, l’eliminazione della valutazione psico-diagnostica sulle donne, l’esclusione dell’affidamento condiviso nei casi di violenza familiare.
Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi
Scioperiamo perché vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito, l’abolizione dell’obiezione di coscienza negli ospedali, nelle farmacie e nei consultori, l’abolizione delle sanzioni sull’aborto clandestino, l’accesso alla Ru486. Scioperiamo per sovvertire le norme di genere che ci opprimono, per avere più autoformazione su contraccezione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, per ri-politicizzare i consultori, per aprirli alle esigenze e ai desideri delle donne, delle lesbiche, dei gay, delle persone trans e intersex, indipendentemente dalla condizione economica e fisica, dall’età e dal passaporto.
Non siamo le serve del neoliberismo!
Scioperiamo per rivendicare un reddito di autodeterminazione per resistere al ricatto della precarietà, perché non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro; un salario minimo europeo, perché non accettiamo che un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di un salario da fame; un welfare per tutte e tutti organizzato a partire dai bisogni delle donne, che ci liberi dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente per riprodurre le nostre vite.
Vogliamo essere libere di muoverci e di restare: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli contro ogni frontiera
Scioperiamo contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti, contro il razzismo istituzionale che sostiene la divisione sessuale del lavoro. Sosteniamo le lotte delle migranti e di tutte le soggettività lgbtqi contro la gestione e il sistema securitario dell’accoglienza. Vogliamo un permesso di soggiorno incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia, l’asilo per tutte le migranti che hanno subito violenza, la cittadinanza per chiunque nasce o cresce in questo paese e per tutte le migranti e i migranti che ci vivono e lavorano da anni.
Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione
Scioperiamo affinché l’educazione alle differenze sia praticata dall’asilo nido all’università, per rendere la scuola pubblica un nodo cruciale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere. Non ci interessa una generica promozione delle pari opportunità, ma coltivare un sapere critico verso le relazioni di potere fra i generi e verso i modelli stereotipati di femminilità e maschilità. Scioperiamo contro il sistema educativo della “Buona Scuola” (legge 107) che distrugge la possibilità che la scuola sia un laboratorio di cittadinanza capace di educare persone libere, felici e autodeterminate.
Vogliamo fare spazio ai femminismi
Scioperiamo perché la violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società che non risparmiano neanche i nostri spazi e collettività. Scioperiamo per costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione,
spazi liberi dalle gerarchie di potere, dalla divisione sessuata del lavoro, dalle molestie. Costruiamo una cultura del consenso, in cui la gestione degli episodi di sessismo non sia responsabilità solo di alcune ma di tutt*, sperimentiamo modalità transfemministe di socialità, cura e relazione. Scioperiamo perché il femminismo non sia più un tema specifico, ma diventi una lettura complessiva dell’esistente.
Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini
Scioperiamo contro l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina gay, lesbiche e trans. Rovesciamo la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive e la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti. Agiamo con ogni media e in ogni media per comunicare le nostre parole, i nostri volti, i nostri corpi ribelli, non stereotipati e ricchi di inauditi desideri.
Anna Uras