Dei 17 milioni di euro stanziati dalla legge contro il femminicidio, solo il 33% andrà ai centri antiviolenza, mentre il grosso andrà alle Regioni. Protestano le donne: “solo seimila euro ad ogni centro e il governo non ci considera interlocutrici”. Domani manifestazione a Roma.
Era stato uno dei provvedimenti di maggior clamore del governo Letta, ma ora rischia di rivelarsi solo una trovata mediatica. La legge contro il femminicidio (la 119/2013) sta facendo arrabbiare i centri antiviolenza, in particolare quelli dell’Emilia Romagna, a causa della ripartizione dei fondi stanziati, pari a 17 milioni di euro per un biennio. Di questi, il 67% sarà gestito dalle Regioni e solo il 33% andrà ai centri antiviolenza, che riceveranno circa seimila euro, tremila all’anno.
Troppo poco per chi quotidianamente assiste le donne vittime di violenza di genere ed è per questo che domani, giovedì 10 luglio, ci sarà una protesta a Roma.
“Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna – si legge in un comunicato – aderisce alla manifestazione nazionale di protesta promossa dall’associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) per il giorno 10 luglio a Roma. Nonostante le recenti dichiarazioni della Assessora regionale alle Politiche sociali, Teresa Marzocchi, sembrino garantire in Emilia-Romagna un utilizzo mirato dei fondi previsti dal decreto, resta la necessità di sostenere il lavoro dei centri antiviolenza a livello nazionale. La posizione della Regione Emilia-Romagna può costituire un ‘precedente virtuoso’, ma non garantisce altre realtà territoriali in altre regioni”.
I problemi evidenziati dalle donne, dunque, sono molteplici. Da un lato l’esiguità dei fondi, dall’altro “l’assenza di un criterio coerente e ponderato di ripartizione dei fondi e il mancato riconoscimento del lavoro dei centri antiviolenza”. La preoccupazione è che la maggior parte dei soldi venga disperso in progetti di soggetti poco competenti, anziché destinarli a quelle associazioni che lavorano da tempo e efficacemente sui territori. “Non vogliamo che i fondi contro la violenza alle donne servano a coprire i buchi di bilancio degli Enti Locali”, osserva Angela Romanin della Casa delle Donne di Bologna.
Altro tasto dolente è il mancato riconoscimento di D.i.Re quale interlocutore del governo. “Ogni volta che c’è un provvedimento che riguarda le donne si fa un passo avanti e due indietro – lamenta Romanin – Il governo Renzi ha pure bloccato il Piano Nazionale contro la violenza alle donne che il governo Letta aveva preparato. Speriamo che ad ottobre, quando dovrebbe essere varato, non contenga modifiche all’impianto precedente”.