Remunerazioni, continuità lavorativa, gestione del tempo e riconoscimento sociale. Sono queste le criticità principali che si trovano ad affrontare i lavoratori creativi. Tre ricerche di Ires Emilia Romagna fotograno la situazione e la campagna #CoglioneNo ha raccolto molto consenso.
“Vieni Avanti Creativo” la settimana di Radio Città Fujiko dedicata alla creatività indipendente, ha affrontato un tema caldo che riguarda il settore. Nel dibattito intitolato “Lavoro creativo = lavoro gratis?” c’è stata occasione per fare una fotografia della situazione lavorativa dei tanti professionisti del settore creativo e cognitivo.
Insieme a Daniele Dieci di Ires Emilia Romagna, l’istituto di ricerca della Cgil che ha svolto tre indagini sul tema, e a Stefano De Marco, uno degli ideatori della campagna #CoglioneNo, si sono individuati i principali punti critici.
I dati delle ricerche condotte da Ires sottolineano come i principali problemi dei lavoratori creativi consistano in remunerazioni troppo basse (soprattutto vista la scarsa continuità lavorativa del settore), grossi problemi nella gestione del tempo (con sempre più difficoltà a distinguere tra tempo lavorativo e vita privata) e, in generale, una scarsa considerazione che in Italia viene riservata a chi svolge lavori cognitivi.
“In particolare – spiega Dieci – sembra che per i committenti fare un lavoro che appassiona costituisca già una forma di riconoscimento”. Riconoscimento tale da giustificare scarse remunerazioni e da introdurre la crisi come argomento per pagare di meno.
“Vi sogneresti mai di dire ad un idraulico o ad un antennista che per il vostro lavoro non c’è budget o che svolgendolo a gratis otterranno maggiore visibilità?”. È la domanda alla base della campagna #CoglioneNo, che con un trittico di video divertenti ha posto l’accento proprio sul mancato rispetto che viene riservato a grafici, videomaker e lavoratori creativi.
Una campagna che, secondo i suoi promotori, ha spopolato in modo imprevisto: “Ci siamo resi conto – racconta De Marco – che le persone in questo stato sono tantissime”.
Ascolta il dibattito: