Da quando il generale Haftar ha lanciato la sua offensiva il 4 aprile scorso, agli occhi di molti sovranisti sembra che la Libia si sia trasformata da pacifico e accogliente luogo di villeggiatura in una supernova di terroristi pronta ad esplodere e invadere l’Italia. Ma la realtà è molto diversa, così come lo sono i rischi in termini di vite umane e di ripercussioni internazionali. Ne abbiamo parlato con Dario Belluccio di Asgi.
Almeno 147 morti e 614 feriti. E’ il nuovo bilancio diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità sulla situazione in Libia a partire dall’inizio dell’offensiva di Khalifa Haftar contro Tripoli lanciata il 4 aprile scorso. Gli scontri hanno prodotto almeno 18mila sfollati, secondo le stime dell’Onu.
Poiché agli occhi della politica italiana la Libia altro non è che un recinto di contenimento o un pericoloso confine pronto ad esplodere, negli ultimi giorni le dichiarazioni in questo senso si sono sprecate. Dal ministro della Difesa Trenta secondo cui se in Libia dovesse scoppiare una nuova guerra, “non avremmo migranti ma rifugiati. E i rifugiati si accolgono” a Giorgia Meloni, che ha bollato le dichiarazioni di Trenta come “analfabetismo giuridico: i rifugiati sarebbero al limite solo i libici, e non certo chi proviene dal resto dell’Africa” e ha invitato il ministro a “non parlare come un’attivista delle Ong”.
E anche il premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale, Fayez al-Sarraj, ben consapevole di cosa sia a garantirgli questo riconoscimento, oggi si è affrettato a lanciare l’allarme che ha dato voce alle più oscure e recondite paure del nostro Ministro degli Interni: “Fate presto, il peggioramento della situazione in Libia potrebbe spingere 800mila migranti e libici a invadere l’Italia e l’Europa. E in questo enorme numero di migranti ci sono anche criminali e soprattutto jihadisti legati a Isis”.
Se lo sguardo con cui si osserva l’evolversi della situazione libica nelle ultime settimane appare distorto, d’altronde, le radici di questa narrazione affondano ben più indietro del 4 aprile. “Sicuramente la Libia non è sotto nessun punto di vista considerabile un porto sicuro, nel senso di luogo in cui far attraccare delle navi che eventualmente siano in tragitto verso l’Europa. Ma questo non lo diciamo solo noi – sottolinea Dario Belluccio di Asgi – lo dice l’Unhcr, lo dice anche la Commissione Europea. Poi che si voglia far propaganda politica e dire che in Libia c’è una guardia costiera e quindi c’è un porto sicuro, questo non ha niente a che vedere nè con la realtà dei fatti nè con il diritto. Sono esclusivamente appunto delle dicerie, che seguono ad una politica che sta facendo questo governo nella sua interezza che è una politica di accompagnamento alla prevaricazione che le persone già subiscono in Libia. Quello che poi è successo nelle ultime settimane va ulteriormente ad aggravare la situazione che si vive in Libia. Ed è evidente stando alle informazioni che sono disponibili che anche chi non fosse libico ma che è detenuto nei centri di detenzione libica, nei lager libici, dove c’è compravendita di esseri umani, dove c’è arruolamento forzato dei migranti all’interno dell’una o dell’altra delle falangi in conflitto anche quelle persone evidentemente avrebbero ben ragione di chiedere una misura di protezione”.
È vero tuttavia che l’escalation di violenza e conflitto che si è vista in Libia nelle ultime settimane comporta un cambiamento nello scenario geopolitico europeo ed impone di ripensare le politiche di accoglienza europee ed italiane. “Oggi la situazione è talmente grave in Libia che occorre che l’Italia e la comunità internazionale mettano in campo una serie iniziativa di evacuazione delle persone civili, libiche o non libiche, perché possano fuggire da quell’inferno. Il rischio davanti al quale ci si trova – secondo Belluccio – è quello che si determini oggi in Libia quello che è stato e purtroppo continua ad essere in Siria a partire dagli anni scorsi. Dove una situazione che non solo non è stata ben gestita ma è stata anche fomentata dagli stati occidentali ha creato una situazione tale per la quale poi milioni di persone son dovute fuggire dalla Siria e gli stati compresi quelli europei si son trovati assolutamente impreparati a gestire quell’emergenza”.
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