Alle elezioni politiche del 26 maggio le principali opzioni sembrano essere un fosco nazionalismo a cui si oppone un austero neoliberismo. A ben vedere è una falsa dicotomia e a mancare è l’unica alternativa: il socialismo.
Tra i prossimi 23 e 26 maggio, negli Stati membri dell’Unione Europea, si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. La grande preoccupazione che attanaglia i governi del Vecchio Continente è un possibile exploit di forze nazionaliste. La Lega di Matteo Salvini, l’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland, i nazionalisti ungheresi di Viktor Orban, i para-franchisti spagnoli di Vox: sono solo alcuni dei partiti della destra radicale che potrebbero sensibilmente aumentare il consenso all’interno del Parlamento europeo.
Per quanto i sondaggi vedano ai primi posti le due forze storiche dell’Europa, i conservatori del Ppe e i progressisti di S&D, il gruppo guidato da Salvini, l’ex Europa delle Nazioni e della Libertà (Enl) potrebbe conquistare più di 71 seggi, pari a circa il 10%, diventando almeno la quarta (forse anche la terza) forza politica in Europa.
L’edizione europea di Politico , testa americana che si occupa proprio dell’attualità politica, riporta una proiezione della composizione del Parlamento europeo stando ai sondaggi:
Se, stando ai numeri, l’Ue non dovrebbe temere di cadere nelle mani dei nazionalisti, occorre uscire dalla logica prettamente elettoralistica e tentare un’analisi programmatica per capire quali sono le reali opzioni che i cittadini europei possono esprimere recandosi alle urne.
Il gruppo dei Popolari, come sappiamo, rappresenta la destra di mercato, quella neoliberista, che esprime buona parte del Consiglio europeo ed è stata grande sostenitrice e fautrice delle politiche di austerity imposte agli Stati. Al suo interno, però, troviamo anche il partito di Orban, quindi una destra con tratti nazionalistici.
Sostanzialmente neoliberista è anche Alde, al cui interno, per fare un esempio, troviamo sia En Marche di Emmanuel Macron che i centristi spagnoli Ciudadanos.
Un po’ più complesso è il gruppo composto da Socialist and Democrats. Sostanzialmente è composto da forze socialdemocratiche, come l’Spd tedesca, il Pd italiano, il Psoe spagnolo o il greco Pasok. Forze che, al governo dei propri Stati, hanno spesso praticato politiche liberiste, come la precarizzazione del mondo del lavoro (in Italia il Jobs Act, ma anche il pacchetto Treu), privatizzazioni o tagli al welfare.
È vero che le sfumature tra Stato e Stato non sono irrilevanti, ma se volessimo trovare una definizione univoca, il gruppo contiene soprattutto forze della cosiddetta “Terza via” sostenuta dal politologo britannico Anthony Giddens e ripresa da Tony Blair.
In sostanza, la “Terza via” si proponeva di rompere la dicotomia tra capitalismo e socialismo, avventurandosi nell’illusoria possibilità di dare vita ad un “capitalismo dal volto umano”, un capitalismo con attenzioni al sociale.
La storia recente ha dimostrato che quel tentativo non ha funzionato, che l’unico risultato è stato spostare a destra le politiche, confondere l’opinione pubblica sulla teoria, la pratica e i programmi. In una sola parola: distruggere la sinistra. Il modo in cui la socialdemocrazia ha pensato di reinventarsi e “modernizzarsi” dopo la caduta del muro di Berlino è stata, in sostanza, intoiettare i concetti e i valori degli avversari.
Risalendo a ritroso la storia, la “Terza via fascista” che si opponeva al binarismo tra capitalismo e socialismo, si è garantita il sostegno di industriali e agrari per instaurare una dittatura.
Nel rimescolamento confuso degli assetti ideologici che riguardano il presente, la dicotomia che viene presentata dai media oggi tra populisti/nazionalisti e “democratici” in realtà, per alcuni versi, una falsa dicotomia.
Se prendiamo, ad esempio, in analisi il tema dell’immigrazione, tra i porti chiusi di Salvini e le frontiere chiuse di Macron non c’è una grande differenza. L’accordo con la Turchia lo hanno sostenuto tutti i principali gruppi europei, quello con la Libia è stato siglato da una forza italiana (il Pd) che dovrebbe rappresentare un’alternativa.
Ma anche nel settore economico non c’è una reale e completa differenza. La flat tax salviniana è una norma compiutamente liberista, così come gli incentivi alle imprese e le riduzioni dei diritti dei lavoratori, la Loi Travail francese è una versione del Jobs Act italiano e così via.
A venire meno, dunque, tanto sul piano nazionale che su quello europeo è quella che era la vera opzione alternativa: quella socialista.
Chi in Europa interpreta più fedelmente questi principi, il gruppo Gue (Gauche Unitaire Européenne), secondo i sondaggi prenderà circa 49 seggi, rappresentando la settima o l’ottava forza all’interno del Parlamento.
Questa “assenza” rappresenta un serio problema per i rapporti di forza all’interno dell’Europa. Se l’alternativa rimane quella tra nazionalisti e liberisti, i risultati delle elezioni europee saranno comunque deprimenti per i meno abbienti, i lavoratori e i migranti.