“Il sole contro. 7 luglio 1960, Reggio Emilia”. È il titolo della pubblicazione di Bébert Edizioni che ricostruisce e passa al setaccio la strage di 55 anni fa. Il documentario di Giuliano Bugani indaga i fatti, che rappresentano un’anteprima della “Strategia della tensione”. Il pamphlet del magistrato Giancarlo Scarpari analizza il processo-farsa per la morte di 5 operai e sottolinea un fatto inedito: la controinchiesta di famigliari e società civile.
“Compagno cittadino, fratello partigiano, teniamoci per mano in questi giorni tristi“. Comincia così “Per i morti di Reggio Emilia“, la celebre canzone di Fausto Amodei. Uno dei brani che ha segnato l’immaginario di diverse generazioni della sinistra, ma che rischia di cadere in disuso.
A rinverdire la memoria di quanto accadde il 7 luglio 1960 a Reggio Emilia, quando le forze dell’ordine del governo Tambroni spararono sulla folla, uccidendo 5 operai, ci pensa una pubblicazione di Bébert Edizioni, uscita lo scorso 15 ottobre.
“Il sole contro. 7 luglio 1960, Reggio Emilia” è il titolo della pubblicazione, che contiene il pamphlet del magistrato Giancarlo Scarpari e il documentario di Giuliano Bugani. Un film e un libro che ricostruiscono e analizzano la strage di Reggio Emilia di 55 anni fa e il successivo processo, che portò all’assoluzione dei due imputati delle forze dell’ordine, ma anche dei manifestanti arrestati durante il corteo.
Una fase delicata della giovane Repubblica, in cui gli apparati dello Stato erano ancora in mano ad esponenti del vecchio fascismo e, a livello politico, i tentativi di restaurazione si scontravano con una società civile sempre più partecipe e impegnata.
I FATTI. Siamo nella primavera 1960 quando Fernando Tambroni forma un governo monocolore democristiano. Per la prima volta dalla nascita della Repubblica, però, il governo vanta l’appoggio esterno del Movimento Sociale italiano (Msi) di Giorgio Almirante, diretto erede del fascismo e di Salò.
Nel Paese scoppiano proteste di lavoratori, partiti della sinistra e sindacati, che vengono spesso represse nel sangue da parte delle forze dell’ordine e dell’esercito.
Il 30 giugno Almirante tenta di svolgere un comizio a Genova, città Medaglia d’oro della Resistenza, e ha intenzione di svolgere proprio nel capoluogo ligure il congresso dell’Msi. I portuali genovesi, però, respingono sia i missini che la polizia.
A Reggio Emilia e in molte altre città italiane, nei giorni successivi, vengono proclamati scioperi e manifestazioni in solidarietà con Genova e contro il governo Tambroni e i suoi alleati fascisti.
Il 7 luglio, durante un corteo che si stava svolgendo pacificamente, le forze dell’ordine attaccano i manifestanti, sparando una quantità impressionante di colpi e uccidendo 5 operai comunisti: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli.
A processo finirono il vicequestore Giulio Cafari Panico e l’agente Orlando Celani, entrambi assolti dalle accuse.
IL DOCUMENTARIO. Il film documentario di Giuliano Bugani, già autore di opere incentrate su Silvia Baraldini e Irma Bandiera, ricostruisce dettagliatamente quando avvenuto il giorno della strage, ma non solo: “Comincio a raccontare il clima che si respirava già 3 giorni prima – racconta il regista – quando in occasione di una manifestazione serale del Partito Comunista, alcuni manifestanti vennero attaccati dai missini locali, che li massacrarono di botte”.
Attraverso le testimonianze dei manifestanti dell’epoca, dei famigliari delle vittime (tra cui Silvano Franchi, fratello di Ovidio), il vicequestore arrivato qualche anno dopo, e gli avvocati Dino Luigi Felisetti e Carlo Smuraglia (attuale presidente nazionale dell’Anpi), che difesero gratuitamente le famiglie e i manifestanti arrestati, Bugani racconta come la strage, in realtà, fosse un anticipo di qualcosa di terribile che abbiamo visto più tardi.
“Nel documentario Silvano Franchi sostiene che la ‘Strategia della tensione’ non è cominciata con Piazza Fontana nel 1969, come si crede, ma già a Reggio Emilia nel 1960“, spiega il regista, che a supporto di questa tesi elenca alcuni dettagli inquietanti: le linee telefoniche della città tagliate per impedire i contatti con l’esterno, la presenza dei reparti speciali delle forze dell’ordine già tre giorni prima della manifestazione, la presenza di poliziotti drogati e, da ultimo, quello che accadde qualche anno più tardi, il tentato golpe del Piano Solo.
Il prossimo 3 novembre il documentario di Giuliano Bugani sulla strage di Reggio Emilia verrà presentato a Bologna, durante un’iniziativa di Kinodromo.
IL LIBRO. Nel pamphlet, il magistrato Giancarlo Scarpari passa al setaccio il processo-farsa seguito alla strage, mettendo in risalto le contraddizioni, le omissioni e le responsabilità delle forze dell’ordine nella repressione delle proteste. Ma, rivela il magistrato ai nostri microfoni, quel processo registra anche una novità interessante: la prima controinchiesta realizzata dai famigliari delle vittime, dai manifestanti, dagli avvocati e da un giornalista de l’Unità.
“Il processo ci consente di analizzare il passaggio dal centrismo al centrosinistra, non tanto sotto il profilo politico, ma sotto quello istituzionale – spiega ai nostri microfoni Scarpari – È l’unico processo celebrato per i fatti di quell’estate per i quali due pubblici funzionari sono stati incriminati”. Anche se è vero che furono assolti gli esponenti delle forze dell’ordine, furono poi assolti anche i manifestanti arrestati.
Attraverso quel processo, secondo il magistrato, si possono in sostanza osservare anche i mutamenti sociali in corso, che vedevano da un lato alcune istituzioni, come la magistratura e le forze dell’ordine, ancora legate al passato fascista, dall’altro il crescere di una società civile, con partiti e sindacati di massa, film e conferenze sulla resistenza e più in generale una memoria maggioritaria antifascista che cresceva.