Precorrendo i tempi del governo Renzi, la multinazionale della cioccolata vorrebbe trasformare i contratti a tempo indeterminato in contratti flessibili a tempo pieno e minaccia di non rinnovare il contratto integrativo. Contrari Cgil, Cisl e Uil.
Il Jobs Act di Matteo Renzi non è ancora stato discusso e men che meno approvato, ma in Italia c’è già chi pensa di applicare alcune misure che in esso dovrebbero essere contenute.
In particolare è la Nestlè, la multinazionale che in Italia ha tre siti produttivi (Frosinone, Perugia e Parma), a proporre di cambiare i contratti di lavoro a tempo indeterminato dei propri dipendenti in contratti più flessibili.
La proposta della Nestlè ha più il suono del ricatto. Nel tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto integrativo, infatti, l’azienda ha imposto la discussione dei problemi legati alla stagionalità prima di giungere al rinnovo dell’accordo. In altre parole: o si decide come gestire i periodi di bassa e di picco produttivo o non si discute nemmeno dell’integrativo.
A raccontare come si è arrivati a questa situazione, ai nostri microfoni, è Giorgio Galbusera, funzionario della Fai Cisl: “Quella dell’azienda ci è sembrata una forzatura, dal momento che sono due questioni diverse e per risolvere i problemi della stagionalità c’è ancora tempo”.
Per il momento, precisa il sindacalista, non c’è alcuno stato di agitazione, dal momento che i sindacati sperano di essere convocati all’azienda entro la fine del mese per continuare la discussione.
“I periodi di bassa produttiva – spiega Galbusera – possono essere di tre mesi per lo stabilimento di Perugia e di due mesi per gli altri. Questioni non nuove, che abbiamo già affrontato in passato e per le quali abbiamo sempre trovato soluzioni”.
La Nestlè, invece, ora propone che i dipendenti lavorino per 9 o 10 mesi all’anno contro i 12 attuali, ma i sindacati sottolineano come questa proposta crei problemi sia in termini di diritti che di retribuzioni.
“L’azienda si è buttata subito sull’ultima spiaggia – commenta Galbusera – Prima di arrivare a questa soluzione drastica ci piacerebbe discutere dell’internalizzazione di alcune produzioni che ora sono all’esterno”.
Per ora i sindacati sono in pre-mobilitazione. Resta da vedere se l’eventuale approvazione del Jobs Act presterebbe il fianco all’azienda per il suo proposito di spendere meno e allentare le tutele dei dipendenti.