Un successo travolgente letto da milioni di donne italiane del dopoguerra: Come il fumetto lacerò la sinistra e il PCI e come la telenovela berlusconiana l’ha assorbita nei Dallas o nei Beautiful …
La storia del fotoromanzo comincia con i fratelli Alceo e Domenico degli editori Del Duca: prima del ’45 con l’Intrepido e nel dopoguerra con Grand Hotel, raggiungendo 10 milioni di lettrici. Si parte con fumetti disegnati tra avventura e d’amore Poi si comincia a fotografare le vgnette: nascono tanti centri di posa con attori del calibro di Massimio Girotti, Albertazzi o,Gassman.Un successo legato ai nuovi sogni delle donne degli anni ’50, che si identificano con la donna emancipata di Hollywood, donna capace di autonomia economica e culturale, tanto da ribellarsi perfino al padre-padrone nel scegliersi l’uomo amato, spesso, secondo lo schema il principe e la poverella, rompendo i tabù di classe. L’Happy end assicurato, secondo il più classico finale fiabesco.
Come per il fumetto, anche fotoromanzo trovò ostilità nella sinistra austera e sospettosa dei nuovi contenitori di evasione, dove l’immagine prende il sopravvento sulla bella prosa.
Fu la Dina Rinaldi ad introdurre il fotoromanzo nella rivista dell’UDI (Unione Donne Italiane, legato al PCI) e a difendere questa novità nazionalpopolare. Come ci racconta nella trasmissione Marcello Argilli, grande collaboratore di Rodari nel Pioniere, lo stesso PCI più tardi provò a diffondere storie di classe con il vettore del fotoromanzo: L’esperimento fallì, perchè il contenente realistico, uscendo dallo schema favolistico classico, perdeva evidentemente fascino per le sue lettrici.
Comunque il fotoromanzo ebbe grande fortuna fino agli anni ’80, quando venne assorbito dalle telenovelas berlusconiane, con modelli modelli cattivi alla “J.R.” di Dallas o alla Mirna Clegg di Capitol.
Nella seconda parte della trasmissione ricorderemo Stan Lee, monumentale figura della storia del fumetto dei super eroi della Marvel, Spider Man compreso.
Ce ne parlerà Loris Cantarelli, direttore di Fumo di China, interpellato da Michele Pompei per Nino goes Fujiko.
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