Il ministro Padoan fa arrabbiare il Pd ipotizzando un aumento dell’iva per poter tagliare il cuneo fiscale nella speranza di rilanciare l’occupazione. Intanto il Def presentato risulta il più austero degli ultimi anni. Il governo si prepara alla fine del Quantitative Easing e punta al pareggio di bilancio per avere credibilità. L’analisi dell’economista Giacomo Bracci.

“Non aumenteremo le tasse”. Questo è probabilmente lo slogan più utilizzato dai politici italiani di qualunque schieramento e anche dall’attuale governo. Il Documento di Economia e Finanza (Def) licenziato pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri è stato presentato dalla stampa come una misura che non prevedeva un aumento dell’imposizione fiscale. Poche ore dopo, però, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato una cosa un po’ diversa, che ha fatto arrabbiare il Partito Democratico.

In particolare, Padoan ha ventilato un aumento dell’iva per trovare le risorse necessarie al taglio del cuneo fiscale, cercando dunque di rilanciare l’occupazione penalizzando però i consumi.
L’idea, anche se in modo più generico, era già stata anticipata dal premier Paolo Gentiloni e risponde alla volontà di spostare il carico fiscale dal lavoro ai consumi. Ciò si rende ancor più necessario poiché dalla fine degli incentivi del Jobs Act ad oggi le assunzioni non sono aumentate significativamente.

Il Def 2017 è uno dei più austeri degli ultimi anni – commenta ai nostri microfoni l’economista Giacomo Bracci – perché propone di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2019, anticipando di un anno le previsioni dell’anno scorso”.
Lo stesso Ministero di Economia e Finanza, inoltre, ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita del pil, che non sarebbe superiore all’1% nei prossimi anni proprio perché l’aumento dell’iva (o misure analoghe) penalizzeranno la crescita del prodotto interno lordo.

Perché un Def così austero? “Per rispettare le regole europee – osserva Bracci – per apparire più credibili a livello internazionale anche in vista della fine del Quantitative Easing“.
Il governo, insomma, cerca di anticipare la fine dello strumento della Bce che ha messo al sicuro l’Italia ed altri Paesi europei dagli attacchi sul suo debito pubblico.