I casi di patologie connesse alla dipendenza dal gioco d’azzardo sono in aumento nella nostra Regione. Sono 1277 i soggetti in trattamento presso il Servizio sanitario regionale nel 2014, con un incremento del 116,8% rispetto al periodo 2010-2013. Per l’assessore Nadia Monti “occorre una normativa dello Stato per arginare il fenomeno”.
Il gioco d’azzardo ha assunto negli ultimi anni dimensioni rilevanti nel nostro Paese. In tempi di crisi economica sono sempre di più le persone che si affidano alla dea bendata nella falsa speranza di risolvere le proprie difficoltà. E, come è noto, il passo verso la dipendenza dal gioco e tutte le patologie ad essa connesse è molto breve. Per non parlare della mole ingente di affari che la criminalità organizzata riesce ad ottenere infiltrandosi e investendo in questo settore. L’Emilia-Romagna non è esente da questi rischi, tutt’altro: secondo i dati diffusi dalla Regione nel 2014 sono stati 1.277 i soggetti con patologie collegate alla dipendenza dal gioco in trattamento presso il Servizio sanitario regionale, pari al 4,3% degli utenti complessivi. Un aumento del 15% rispetto all’anno precedente, ma se si prende in esame il periodo 2010-2013 l’incremento dell’utenza Sert per gioco d’azzardo è stato del 116,8%.
Le politiche messe in campo dalla Regione per arginare un fenomeno in netta espansione evidentemente non sono state sufficienti: corsi di formazione rivolti al personale sociale e sociosanitario dei Comuni e agli agenti delle Polizie locali, nonché al personale delle sale da gioco, il coinvolgimento degli esercizi commerciali per l’assegnazione del marchio “Slot Free E-R” per ridurre la presenza di slot machine e apparecchi per il gioco online, fino alla firma di un protocollo con associazioni rivolte al contrasto di questo tipo di dipendenza e l’attivazione di una struttura residenziale sperimentale specializzata a Reggio Emilia, denominata “Pluto”.
Il gioco d’azzardo patologico, oltre a minare il comportamento e l’equilibrio personale e famigliare della persona, è anche uno dei fattori principali che portano ad affidarsi all’usura e alla criminalità organizzata. È infatti noto come le mafie traggano ingenti profitti nel settore del gioco, anche quando questo è legale. In Emilia-Romagna l’inchiesta Black Monkey ha portato alla luce le infiltrazioni mafiose e i legami che la criminalità organizzata ha intessuto con il gioco d’azzardo.
Nadia Monti, assessore sicurezza, giovani e legalità del Comune di Bologna, spiega come il fenomeno “segue la crisi economica, e la pubblicità ingannevole su questo fronte è in continuo aumento“. Per quanto riguarda dunque la nostra città, l’azione dell’amministrazione è stata indirizzata su “prevenzione e contrasto – fa sapere Monti ai nostri microfoni – sono stati limitati gli orari di apertura delle sale, si è intervenuto sulle ordinanze, sui regolamenti urbanistici edilizi, sui contratti di affitto dei locali di proprietà comunale per vietare l’installazione di slot machine e vlt. È stata imposta una distanza minima di un chilometro rispetto ai luoghi sensibili, come le scuole, le case di cura, i luoghi di culto”.
L’azione degli enti locali su questo settore è tuttavia limitata: “Questo perché il gioco d’azzardo è regolamentato non dai Comuni – sottolinea Monti – che non hanno potere di rilasciare autorizzazioni, ma dalle questure, essendo materia di competenza dei Monopoli di Stato“. L’appello è dunque rivolto in primis allo Stato: “finché questo fenomeno non sarà governato da un punto di vista normativo, ovvero non verrà dato potere ai sindaci di porre dei freni, non lo si potrà arginare“, conclude Monti.