Abolizione della “Loi Travail”, il Jobs Act francese, difesa dell’orario di lavoro a 35 ore e potere di veto dei sindacati. Il programma del candidato socialista Benoit Hamon per le elezioni presidenziali francesi propone misure che la socialdemocrazia europea ha abbandonato da tempo, in favore di liberismo ed austerity. L’analisi dell’economista Marta Fana.
C’è chi l’ha definito un outsider, chi lo considera un radicale, chi il risultato dell’effetto Corbyn-Sanders e chi per le sue proposte lo considera perdente fin da subito. È il candidato socialista alle presidenziali, Benoit Hamon, che ha sconfitto l’ex-premier Manuel Valls (il Matteo Renzi francese) alle primarie.
Secondo l’economista Marta Fana, però, Hamon non è un radicale, ma semplicemente un politico che si muove nel solco della tradizione socialista. Semmai sono gli altri, Pd italiano compreso, ad essersi spostati a destra.
Mentre il centrosinistra italiano è impegnato nel balletto delle nomenklature, non avendo chiaro né alleanze né contenuti, Hamon presenta un programma elettorale in tema di economia e lavoro prevede una serie di misure di cui non si parlava ormai più da tempo.
Il primo punto è l’abolizione della “Loi Travail”, il Jobs Act francese che François Hollande ha imposto nonostante le grandi manifestazioni di piazza.
Altre misure riguardano il reddito di cittadinanza, la difesa dell’orario di lavoro a 35 ore e una sorta di potere di veto dei sindacati.
Da Parigi, Fana passa in rassegna le proposte di Hamon, nel quadro complessivo di idea di società francese che ha in mente, e segnala l’interesse mostrato dal candidato della gauche, Jean-Luc Mélenchon, che potrebbe produrre un asse interessante, capace forse di modificare i sondaggi, che danno al ballottaggio la destra di Marine Le Pen e il centro di Emmanuel Macron.
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