Le proteste dilagate a Ferguson e in molte città americane dopo la decisione del Gran Giurì di non incriminare l’agente che uccise il ragazzo di colore Michael Brown fotografano la rabbia per un sistema di giustizia razzista. La giornalista Valentina Pasquali, da Washington, fa il punto su quanto sta avvenendo negli Stati Uniti.
Dopo due notti di forti proteste, a Ferguson sembra essere tornata una calma relativa. Rimane però alta la tensione nella città della contea di St. Louis, dove nei giorni scorsi la rabbia delle persone è sfociata nelle strade portando a scontri con le forze dell’ordine, lanci di pietre e molotov, auto e edifici dati alle fiamme. La decisione del Gran Giurì di non incriminare Darren Wilson, il poliziotto che ad agosto uccise un ragazzo nero disarmato, Michael Brown, ha sollevato l’indignazione di centinaia di migliaia di persone in molte grandi città americane. A New York, Chicago, Washington, Seattle, San Francisco – per non citarne che alcune – ci sono state proteste e manifestazioni, nella maggior parte dei casi pacifiche.
È lo specchio di un paese in cui si respira ancora forte la percezione di una giustizia iniqua e razzista: “La gente è preoccupata per la disparità che caratterizza il sistema della gisutizia degli Stati Uniti, una forma di discriminazione contro la minoranza afro-americana“, ci spiega Valentina Pasquali, giornalista a Washington, una delle città attraversate dalle mobilitazioni. “Il sistema di giustizia americano è percepito come particolarmente razzista – continua Pasquali – Lo confermano anche le statistiche, gli uomini neri sono arrestati in percentuali molto superiori ai corrispettivi bianchi, e le carceri sono piene di persone appartenenti alle minoranze etniche”.
Una divisione razziale continua a caratterizzare il sistema della giustizia statunitense e la percezione che di esso ha la popolazione americana: “È uno degli ambiti della vita americana dove la differenza razziale si sente maggiormente, una percezione molto forte nella comunità di colore che nel corso dei decenni ha sviluppato una profonda mancanza di fiducia nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine“. Un sondaggio realizzato dall’Huffington Post su un campione rappresentativo di persone ha mostrato come il 62% degli afro-americani intervistato sia convinto che l’agente Wilson sia colpevole per la morte di Michael Brown, mentre solo il 22% dei bianchi la pensa allo stesso modo. “C’è una grossa differenza di opinione tra la comunità bianca e la comunità nera riguardo il caso di Ferguson – racconta la giornalista – Percezione molto diversa di come stanno le cose, la comunità bianca fa fatica a comprendere l’altra dimensione e l’altra realtà: sono due universi paralleli”.
Nonostante questo sono tanti i bianchi scesi nelle strade e nelle piazze per fare sentire la loro solidarietà alla comunità afro-americana, il cui malessere nasce da lontano ed evidentemente ha ancora ragione di esistere.