“Insegnare agli allevatori a difendersi dagli attacchi al gregge”. Marco Albino Ferrari, autore de “La via del lupo” – in cui racconta come l’animale abbia ripopolato l’Italia e scampato l’estinzione – interviene sulle polemiche scoppiate dopo la morte dell’orsa Daniza e indica una soluzione che tutela al tempo stesso animali e allevatori.
“Un equilibrio tra uomo e animali selvatici è possibile, perché è sempre esistito”. Marco Albino Ferrari, giornalista, scrittore ed autore del libro “La via del lupo” (Laterza), dai nostri microfoni commenta le polemiche scaturite in seguito all’uccisione involontaria dell’orsa Daniza in Trentino.
Amante ed esperto della montagna, direttore della testata “Meridiani montagne“, Ferrari ha una lunga esperienza di conoscitore dell’ambiente montuoso e degli animali che lo popolano e dunque il suo è un giudizio qualificato.
“La vicenda di Daniza ha sancito una rottura” afferma ai nostri microfoni lo scrittore. Da un lato c’è tutta l’opinione pubblica, politica compresa, che si è schierata in difesa dell’orsa, sebbene nessuno vedrà mai questo animale e, se lo dovesse vedere, scapperebbe a gambe levate. “Daniza ha assunto un valore simbolico“, osserva.
Dall’altro le istanze di chi ancora vive in territori sempre più spopolati e fa della pastorizia la propria fonte di sostentamento.
Due istanze che possono dare vita ad un equilibrio, che per Ferrari si alcuni fattori. “Da un lato ci sono leggi che tutelano la fauna selvatica, dall’altro si può lavorare sul versante dei risarcimenti agli allevatori, ma ancor meglio dotandoli di strumenti per difendersi dagli attacchi dei predatori“.
È soprattutto su quest’ultimo aspetto che il giornalista insiste: “Attraverso cani addestrati, recinzioni elettriche e guardanie più vicine, l’allevatore può essere messo nelle condizioni di difendersi e responsabilizzarsi, prendendo atto che la presenza dei predatori è una cosa con cui dovrà confrontarsi”.
I risarcimenti per i capi di bestiame sbranati, secondo lo scrittore, andrebbero diminuiti perché sono una forma assistenzialista, che rende automaticamente l’allevatore una vittima insoddisfatta dal risarcimento stesso.
Nel libro, l’autore ha ripercorso il tragitto compiuto dai lupi a partire dagli anni ’70, quando si trovava sulla soglia dell’estinzione. Partendo dal Centro Italia, il lupo italiano ha risalito la dorsale appenninica per ripopolare luoghi abbandonati dall’uomo, fino alle Alpi.
Ne “La via del lupo”, Ferrari ricostruisce attraverso dovizia giornalistica e stralci di autentica poesia di montagna, anche lo studio etologico del lupo, compiuto da giovani pionieri attraverso tecniche che all’epoca erano tutt’altro che sviluppate.
Allo stesso modo, Ferrari testimonia come sia cambiata la percezione e la reputazione del lupo, una volta considerato un essere malvagio a causa di credenze popolari e simbolismi religiosi, anche grazie a campagne culturali come l'”Operazione San Francesco“.
L’indignazione sollevata dal caso di Daniza, secondo Ferrari, ci dice qualcosa di simile a quello che è avvenuto con il ritorno del lupo: “Dalla prospettiva urbana ha rappresentato simbolicamente la natura selvaggia che ritorna. Per chi vive in città questo viene salutato positivamente, perché immaginare che non lontano dal cemento, dallo smog e dai rumori esista un mondo che sta ritrovando una sorta di primazia è in qualche modo consolatorio. Ci solleva dalla responsabilità di dover ammettere che noi stiamo distruggendo la nostra terra”.