Si apre oggi in Polonia, in una regione carbonifera del Paese, Cop24, la conferenza mondiale sul clima. In due settimane dovranno essere scritte le linee guida operative per rispettare l’accordo di Parigi del 2015. Gli Stati Uniti di Trump si sono sfilati nonostante l’allarme dell’Ipcc sul tempo che sta per scadere. L’intervista a Luca Iacoboni di Greenpeace Italia.
Comincia oggi e proseguirà fino al 14 dicembre Cop24, la conferenza mondiale sul clima che si svolge in Polonia. A tre anni dall’accordo di Parigi di Cop21, duecento Paesi dovranno scrivere il “Rulebook”, le linee guida che dovranno indicare come rendere operativo nel 2020 l’accordo del dicembre 2015.
La Banca mondiale ha già annunciato contributi per 200 miliardi di dollari in cinque anni per i Paesi che interverranno contro il cambiamento climatico e anche nella dichiarazione finale del G20 si legge che i Paesi firmatari dell’accordo di Parigi del 2015, tranne gli Stati Uniti, confermano come l’intesa sia “irreversibile”.
Eppure Cop24 si apre con segnali nefasti che si sono accumulati negli ultimi tre anni. Anzitutto la location, Katowice, città polacca della regione carbonifera del Paese, distante appena 150 kilometri dalla più grande centrale a lignite d’Europa. Un messaggio sul piano simbolico che non è di buon auspicio.
A pesare, però, è anche il forfait all’accordo di Parigi dato dagli Stati Uniti di Donald Trump nell’estate del 2017.
“Sicuramente la decisione influisce – spiega ai nostri microfoni Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – ma è anche vero che c’è stata una corsa di sindaci, governatori e aziende americani che hanno detto di voler dare il proprio contributo contro i cambiamenti climatici”.
Stati Uniti o meno, non solo il vertice polacco dovrà fare sul serio, ma dovrà fare anche presto. L’allarme lanciato nell’ottobre scorso dall’Ipcc , il gruppo di scienziati dell’Onu, ricorda che il contenimento delle temperature entro 1,5° dall’epoca pre-industriale va fatto in pochi anni, altrimenti i disastri saranno irreversibili.
Per raggiungere questo obiettivo ambizioso, secondo gli ecologisti italiani, occorre superare i combustibili fossili, carbone in primis, ma anche non considerare il gas come lunga alternativa di transizione.
Per capire se i capi di Stato faranno sul serio occorrerà aspettare che i negoziati entrino nel vivo, ma oltre ai governi e alla politica occorre prestare attenzione ai segnali che arrivano dalla società civile e dal mondo produttivo.
In questo senso alcuni segnali positivi ci sono. “In Italia, ad esempio, Generali, che è la più grande compagnia assicurativa, ha deciso di disinvestire dal carbone e di investire sulle energie green”, osserva Iacoboni.
Nel frattempo Greenpeace chiede la liberazione di 12 suoi attivisti fermati e arrestati in Slovacchia. Un tribunale slovacco ha deciso di tenere in carcere, fino all’inizio del processo e dunque per diversi mesi, gli attivisti che venerdì scorso avevano organizzato una manifestazione pacifica contro la lignite, il più inquinante tipo di carbone. Gli attivisti avevano aperto uno striscione sulla torre mineraria di una compagnia slovacca che estrae questo tipo di combustibile fossile per protestare contro l’inquinamento deleterio provocato dalla combustione. Sono stati arrestati ed ora si trovano a dover far fronte alle accuse loro rivolte e rischiano concretamente fino a 5 anni di carcere.
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