Il dl del ministro degli Interni italiano, che prevede la riapertura dei Cie, risponde e anticipa le raccomandazioni della Commissione europea sulla gestione dei migranti. Bruxelles chiede agli Stati membri di detenere i migranti destinati al rimpatrio. Fulvio Vassallo Paleologo: “Propaganda per le elezioni in Germania e Olanda che non ha incidenza concreta”. L’Unicef lancia l’allarme sulle violenze a donne e minori in Libia.
LEGGI ANCHE: Cie, storia giuridica della detenzione amministrativa
Il decreto legge sull’immigrazione del ministro degli Interni Marco Minniti ha un mandante: la Commissione europea.
Bruxelles, infatti, si appresta a diramare una raccomandazione agli Stati membri a cui si chiede, secondo alcune anticipazioni, di detenere i migranti destinati ai rimpatri, aumentare le risorse per favorire i ritorni volontari, tagliare le procedure burocratiche nazionali per accelerare le politiche dei rimpatri e ridurre i movimenti secondari.
“Esiste la direttiva europea 115/2008 – commenta ai nostri microfoni l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo, presidente dell’Associazione Diritti e Frontiere (Adif) e docente di Diritto d’asilo e statuto costituzionale dello straniero all’Università di Palermo – che mette la detenzione amministrativa all’ultimo posto sul piano delle misure da adottare nei confronti dei migranti irregolari”.
Per l’avvocato non sarà una raccomandazione che ha l’evidente scopo propagandistico, in vista delle elezioni in Germania e Olanda, a contraddire la direttiva. Inoltre, la raccomandazione si inserisce nell’alveo delle politiche europee che non hanno un’incidenza concreta.
Sempre secondo le anticipazioni riportate dall’Ansa, inoltre, la raccomandazione della Commissione europea aprirebbe la strada alla possibilità di avviare procedure di infrazione ai Paesi che “non tengono il passo” sullo schema delle 98.255 “relocation“, i ricollocamenti di migranti, previste da Italia e Grecia, da completare entro settembre 2017. Un sistema di solidarietà europea nell’accoglienza dei migranti che, come certificato da più parti, non ha mai funzionato.
L’Italia, da alunna provetta, si sarebbe quindi portata avanta coi compiti a casa. La raccomandazione europea, infatti, chiede ciò che il governo italiano ha già predisposto con il dl Minniti, in particolare per ciò che concerne la riapertura dei Cie, i Centri di Identificazione ed Espulsione, che il titolare del Viminale ha voluto diffondere su tutto il territorio (uno in ogni regione) proprio per agevolare le procedure di espulsione. In realtà, fin dal 2011, l’Italia ha anticipato la direzione che le politiche migratorie europee stanno prendendo. La legge 129/2011, infatti, avrebbe dovuto recepire la direttiva europea, ma ne ha ribaltato i contenuti. La legge italiana fa della detenzione amministrativa la regola e della partenza volontaria dei migranti l’eccezione.
Tra i provvedimenti del governo italiano annoveriamo anche l’accordo con la Libia, anch’esso incentrato sulla detenzione de facto, che ha lo scopo di esternalizzare le frontiere. Proprio la Libia è al centro dell’appello lanciato oggi da Unicef, che mette in guardia sulle condizioni nei centri di detenzione nel Paese africano: 34 in tutto quelli identificati, 24 gestiti dal governo e 10 dalle milizie. In questi centri e nella rotta del Mediterraneo a farne le spese sono soprattutto i bambini: abusati e vittime di violenze di ogni tipo.
Col rapporto “Un viaggio fatale per i bambini“, l’Unicef chiede a Bruxelles “misure stringenti per proteggere i bambini migranti e un sistema di passaggi sicuri”.
Quella della detenzione amministrativa dei migranti è una storia lunga, che in Italia nasce con la legge Turco-Napolitano che introdusse i Cpt (Centri Permanenza Temporanea), nati a cavallo del secolo, e che nel 2009 il governo Berlusconi con ministro degli Interni Roberto Maroni rinominò, appunto, Cie.