Dopo quasi dieci anni, la giornata di oggi segna una svolta cruciale nel caso Cucchi. L’omertà criminale del corpo dei carabinieri è infatti definitivamente crollata. È crollata nella lettere rivolta a Ilaria Cucchi dal comandante Giovanni Nistri, ma soprattutto nelle aule di tribunale grazie alla testimonianza del carabiniere Francesco Tedesco.

“Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D’Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete!. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbatté anche la testa. Io sentii il rumore della testa che batteva. Quindi D’Alessandro gli diede un calcio in faccia, a quel punto mi alzai e li allontanai da Cucchi”

Così il carabiniere Francesco Tedesco ha descritto i momenti che hanno portato alla morte di Stefano Cucchi nella sua testimonianza, resa oggi 8 aprile davanti alla Corte d’Assise nell’ambito del processo Cucchi-bis. Parole che da questa mattina rimbalzano su tutti i giornali, unitamente alla lettera indirizzata ad Ilaria Cucchi dal comandante generale dell’Arma dei carabinieri Giovanni Nistri, datata 11 marzo ma concessa proprio oggi in esclusiva a Repubblica.

Parole dure quelle di Tedesco, la descrizione lucida di come Stefano Cucchi fu ammazzato per mano dello Stato. Ma soprattutto parole che oggi segnano una vittoria, a dimostrazione di quanto la violenza di stato nei confronti di Stefano Cucchi e della sua famiglia sia poi proseguita fino ad oggi nei depistaggi, nell’omertà e nelle offese.

Nell’ambito dell’udienza di oggi molto spazio è stato dato proprio alla descrizione del clima di terrore creato all’interno dell’Arma e alla costruzione di quel muro di omertà e depistaggi che negli ultimi mesi ha iniziato a vacillare, a partire dalla testimonianza di Casamassima, citato oggi anche da Tedesco.

“La sua testimonianza nella doppia veste di superteste e di imputato ha confermato tutte le aspettative che c’erano intorno a questa udienza – commenta il giornalista Checchino Antonini, che ha seguito l’udienza (qui il resoconto pubblicato per Left)la sua è stata una deposizione molto lucida, molto tagliente perché ha restituito esattamente la dinamica del pestaggio breve ma violentissimo tant’è che lui dice di aver sentito esattamente il rumore della schiena e della testa di Stefano Cucchi che si fracassavano sul pavimento della stazione dove era stato portato per fare il fotosegnalamento. Ha raccontato anche il contesto in cui si è verificato nell’ottobre del 2009 quell’arresto. Il vicecomandante della stazione, il maresciallo Mandolini che è imputato a sua volta (di calunnia e falso , ndr) è stato descritto come un carabiniere ossessionato dalla voglia di fare arresti, di mettersi in luce, di portare insomma dei trofei ai suoi superiori per poter progredire di carriera. Allo stesso tempo l’Arma a Roma viveva un momento di grandissimo imbarazzo perché era appena venuto alla luce lo scandalo di altri carabinieri che ricattavano il presidente della Regione Lazio. Quindi con quel maresciallo che faceva pesare il suo grado non solo è maturato il clima che ha portato al pestaggio ma nelle ore sucessive è stato montato il meccanismo principale del depistaggio. Lui (Tedesco, ndr) ha raccontato anche di aver presentato una denuncia il 22 ottobre cioè immediatamente dopo aver saputo della morte di Stefano Cucchi ma quella sue denuncia, in duplice copia, è scomparsa”.

Per quanto riguarda la lettera di Nistri, secondo Antonini si è trattato più che altro di “una mossa obbligata, dopo molte udienze in cui molti colpi di scena hanno convalidato l’ipotesi accusatoria. Noi abbiamo avuto da ottobre a oggi numerosi carabinieri che hanno confermato tutti i dettagli del depistaggio. C’è stato un incontro prima della fine dell’anno tra Ilaria Cucchi, il comandante dell’Arma e la ministra della difesa Trenta, e quell’incontro non è andato molto bene. Tant’è che poi la stessa Ilaria aveva accusato Nistri e l’Arma di fare mobbing sul carabiniere Casamassima che è invece il primo ad aver testimoniato, ade aver rotto diciamo il muro di omertà. La lettera di oggi era fondamentalmente un passaggio obbligato”.

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