Dal mondo dello sport si alza una voce di condanna verso la violenza contro le donne. Parte la campagna “Stop violence against women” lanciata dall’Aics: atleti e istituzioni sportive insieme mettono la proprio faccia per dire No alla violenza e al silenzio.
La campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, nata dall’impegno dell’associazione sportiva Aics, è ufficialmente partita. Una campagna che si articola via internet, in particolare tramite Facebook, attraverso fotografie che vedono coinvolti tutti i protagonisti del mondo Aics: dai Presidenti dei Comitati regionali, agli atleti, gli operatori sportivi fino ai soci e al personale. L’idea portante è di lottare per questa battaglia senza nascondersi, ma mettendo il proprio volto, il proprio nome, senza aver paura.
Non è un caso che questo grido teso a rompere il silenzio parta da un’associazione sportiva. Lo sport sa essere un bell’insegnante di vita. Può creare luoghi di forti scambi umani, riportare alla luce un’etica antica o generare la pulsante scoperta della propria forza e dei propri unici limiti. D’altro canto vi si può presentare a tratti un’atmosfera opposta: campo libero alle discriminazioni, alle rabbie e agli abusi. Così senza inabissarne le bellezze, non si possono tacerne i punti oscuri. Gli stessi punti si ritrovano nella vita quotidiana, fuoriuscendo dalla singola dimensione sportiva.
In questo caso è la violenza sulle donne ad essere condannata in prima linea. E per dire No alla violenza è necessario spazzare via tutto ciò che essa contiene e crea. Ad esempio abbattere la paura che si genera su chi viene colpito. Riguardo a questo, Bruno Molea, deputato e presidente nazionale Aics, dice ai nostri microfoni: “Bisogna uscire da questo problema dell’omertà. Oggi è ancora una vergogna denunciare di aver subito una violenza. Invece bisogna superare questo modo di pensare. Le istituzioni inoltre devono dare massima assistenza a chi la violenza la fa e soprattutto non dare sconti ai colpevoli.” E con lui si pronuncia anche Francesca Brunetti, la portavoce della Commissione nazionale di parità, dicendo: “Spesso non si arriva alla denuncia perché si è ancora molto sfiduciati nei confronti del sistema giudiziario e delle istituzioni“.
Bisogna demolire la sensazione di vergogna e tramutarla in coraggio, avendo dalla propria parte organi che garantiscano la sicurezza di chi ha subito e ha parlato, senza far sì che subisca la violenza del non sentirsi adeguatamente protetto. Ricordare sempre che la violenza non è esclusivamente un fattore al femminile, ma è anche, come afferma il sopracitato Bruno Molea: “un fatto culturale. Più si evidenzia più i giovani cresceranno con una maggiore consapevolezza di rispetto nei confronti del proprio simile uomo o donna che sia. La violenza è di genere”.
Valeria Paci