Anche a Bologna il nuovo anno scolastico è iniziato all’insegna delle critiche rispetto alle cosiddette “classi ghetto”, con riferimento ai numerosi casi di classi in deroga per il numero di stranieri. Ma secondo Jacopo Frey di Cobas Scuola più che dei numeri, tra l’altro falsati dalla mancata approvazione dello Ius Soli, bisognerebbe concentrarsi sulla capacità della scuola di assolvere al proprio ruolo di integrazione sociale.
La scuola svolge molti ruoli sociali, e tra questi vi è sicuramente quello di favorire l’integrazione nel caso degli studenti stranieri. Ma spesso il dibattito sul tema si focalizza sulla formazione delle cosiddette “classi ghetto”, una critica che anche a Bologna nasce dall’elevato numero di classi in deroga rispetto alla legge che preve un tetto del 30% agli studenti stranieri.
Secondo Jacopo Frey di Cobas Scuola, però, il focus del dibattito è sbagliato. In primo luogo perché la legge, effettivamente derogata da più di 700 classi nell’area di bologna, risale all’epoca della Bossi Fine e risponde alla tristemente nota retorica della necessità di “fermare l’invasione”. Non solo l’impostazione della legge sarebbe ben distante dal favorire un’effettiva integrazione, ma anche i dati risultano falsati. Molti degli studenti considerati stranieri (circa il 60%) infatti, sono nati in Italia. L’unica ragione per la quale vengono considerati stranieri è la mancata approvazione dello Ius Soli, ma da un punto di vista scolastico è difficile che incontrino difficoltà diverse rispetto a quelle dei propri compagni di classe italiani.
Ben diverso è invece il problema degli studenti stranieri che non sono nati in Italia, e che quindi necessiterebbero di un sostegno soprattutto dal punto di vista dell’integrazione linguistica, e per cui il sistema scolastico non riesce evidentemente a fare abbastanza visto l’elevato numero di studenti stranieri bocciati o che abbandonano gli studi. “Purtroppo – Frey – abbiamo un sistema legislativo per l’accoglienza degli alunni stranieri che agisce in maniera escludente, non includente. A livello legislativo viene presentata la figura del NAI, l’alunno Neo Arrivato in Italia, per quegli alunni che sono in Italia da meno di due anni, nei confronti dei quali possiamo prevedere una sospensione della valutazione per favorire l’apprendimento della lingua. Questo dispositivo concede delle tutele, ma si limita solamente a due anni. Il risultato di questa situazione è che molti degli studenti non nati in Italia si indirizzano verso gli Istituti Professionali, e il 32% degli studenti di origine straniera viene bocciato all’inizio delle Scuole Superiori, a fronte di un 10% degli italiani”.
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